Quando mi soffermo a pensare al significato di A Well Crafted Life (Una Vita Ben Plasmata), mi vengono alla mente una miriade di elementi che devono necessariamente coesistere in armonia. Gli oggetti che collezioniamo per le nostre case, e che nel loro insieme rappresentano la nostra estetica progettuale. O le persone delle quali ci circondiamo. Ogni aspetto delle nostre vite merita di essere affrontato con scrupolosità, riconoscenza e consapevolezza. Se riflettiamo sul loro significato, ecco che riusciamo subito ad attribuire un valore più rilevante agli oggetti che scegliamo, ai posti che visitiamo, alle esperienze che decidiamo di fare e alle persone che incontriamo. Quando acquistiamo un oggetto fatto a mano, non ci immergiamo solo nella storia personale dell’artigiano che lo ha realizzato, ma anche in un patrimonio culturale collettivo che si manifesta attraverso anni di appassionato lavoro, dedizione e paziente trasmissione del sapere. Il legame profondo tra passato e futuro che nasce dal collezionare oggetti è fondamentale per apprezzare il valore dei mestieri d’arte e riconoscere la loro importanza. L’artigianato d’eccellenza non solo è sinonimo di alta qualità, ma è intimamente connesso ai valori dell’umanità. Valori che oggi sono più importanti che mai, perché ci consentono di apprezzare, di riavvicinarci e di celebrare il talento umano e la sua capacità di generare oggetti straordinari dai materiali di cui ci fa dono la natura. L’artigiano si approccia al suo lavoro in modo consapevole e spirituale. Ogni gesto della mano deve essere preciso e attento, e deve essere eseguito al momento giusto. L’uso degli attrezzi da lavoro richiede grande abilità e lunga pratica. La creatività deve fluire in armonia con il lavoro delle mani e, infine, la padronanza del mestiere deve essere assoluta perché l’artigiano sia anche in grado di innovare. Noi siamo fieri di lavorare con una ricca schiera di maestri che, grazie alla loro creatività, riescono in modo egregio a traghettare nel futuro sia la tradizione sia la novità. Una vita ben plasmata, quindi, è una vita che si ispira alla tradizione e al patrimonio culturale, ma che cerca nella creatività e nella curiosità umana lo spunto per nuove soluzioni, in modo che si possa sempre fare il passo dalla visione alla percezione. Fino al significato.
Ora che la primavera è in fiore e si comincia a intravedere un barlume di speranza e di luce in fondo a questo oscuro tunnel, vorrei riflettere su questo particolare momento storico.
Un momento storico che ha già lasciato il segno su molti. Sia che abbia coinvolto persone a noi care, sia che abbia visto i nostri amici o famigliari combattere in prima linea, o che semplicemente ci abbia costretti ad adeguarci a un nuovo stile di vita, questa pandemia ha colpito tutti noi in tanti modi diversi.
La mia prima riflessione è che dobbiamo mostrare gratitudine. Per quanti ci stanno salvando la vita, per la nostra capacità di adattamento, per le nostre necessità primarie e per tutti quelli che continuano a farci sperare in quello che è il periodo più nero delle nostre vite.
Tutto questo mi porta a una seconda riflessione. A mio modo di vedere, la speranza nasce dalla visione di un futuro migliore, dalla fiducia nella creatività, nella curiosità e nell’ingegnosità dell’essere umano. Attributi che spesso si incarnano negli artigiani, nei confronti dei quali provo gratitudine per le doti umane, la filosofia di vita e la capacità di trasformare il paesaggio contemporaneo infondendo bellezza nelle nostre vite quotidiane.
La mia ultima riflessione è dedicata al tempo. Tutti gli artigiani ne comprendono la preziosità. Il modo in cui operano, sempre scrupoloso e preciso, ha bisogno non solo del tempo ma anche del suo utilizzo efficiente. Non ci sono scorciatoie per creare opere che rappresentano l’eccellenza. E spesso nella realizzazione di un capolavoro confluiscono le esperienze accumulate in una vita intera.
Possiamo impiegare questo tempo per ridefinire la nostra raison d’être. Per imparare e coltivare delle nuove competenze, per esplorare in dettaglio un soggetto avvincente, per cercare, attraverso la nostra curiosità, di portare la creatività in tutti gli aspetti delle nostre vite. Il tempo, ora immobile, ci permette di concentrarci su molto altro.
Attraversiamo tempi di incertezza, e al contempo si aprono di fronte a noi delle nuove possibilità. Grazie a idee fresche e fertili e a un atto di fede, insieme possiamo abbracciare un futuro più radioso guidato dalla creatività umana. Il mio augurio è che questo tempo ci aiuti a scuotere sia la nostra sensibilità sia la nostra curiosità verso un potenziale che appartiene a tutta la comunità di creativi, designer e appassionati. E che si possa continuare a camminare uniti, condividendo le nostre esperienze, le nostre passioni e le nostre visioni.
L’espressione ‘in via d’estinzione’ evoca la drammatica situazione di alcune specie, vegetali o animali, del nostro pianeta. Tuttavia, riflettiamo troppo di rado sulle abilità umane in via d’estinzione, in questo caso quel particolare know-how artigianale che gioca un ruolo fondamentale per il patrimonio culturale di un Paese.
Non solo la sofisticatezza di macchinari e tecnologie continua ad affievolire la nostra connessione con la terra e i suoi elementi naturali, ma sminuisce anche il ruolo delle mani degli artigiani nella trasformazione delle materie prime, grazie ad abilità ereditate, in oggetti artistici e funzionali.
Nel tentativo di salvaguardare queste preziose abilità umane a rischio d’estinzione, la Michelangelo Foundation ha lanciato un’iniziativa in partnership con la Heritage Crafts Association del Regno Unito per estendere la HCA Red List of Endangered Crafts a livello europeo. L’iniziativa guarda in modo ottimista a un futuro in cui le artigianalità rare e uniche saranno accompagnate senza rischi in una nuova dimensione contemporanea. Non solo cerca di identificare, classificare e proteggere le artigianalità europee, ma anche di rivitalizzarle promuovendo approcci originali e creativi.
Siamo estremamente grati alla Heritage Crafts Association per aver aperto la strada con questa importante ricerca e al nostro fitto network di istituzioni europee unite dagli stessi principi, la cui partecipazione assicurerà la mappatura dei mestieri d’arte in via d’estinzione nel continente e, di conseguenza, la messa in atto delle azioni necessarie per un futuro più umano.
Dopo i danni causati dall’alta marea, il mio pensiero è rivolto a Venezia, la città che oltre a Homo Faber ospita molti dei nostri artigiani più preziosi. La Michelangelo Foundation è in prima linea nella campagna Support Venice lanciata da Venetian Heritage, che ha lo scopo di ripristinare il patrimonio artistico e culturale di Venezia. È grazie alla competenza dei maestri artigiani più abili ed esperti che sarà possibile portare a compimento i progetti di restauro necessari a preservare, anche per i posteri, la ricchezza dell’eredità artistica della città lagunare.
In questo momento gli artigiani veneziani hanno bisogno del nostro supporto per ricostruire le botteghe, recuperare gli attrezzi tradizionali e poter proseguire le loro attività. L’eredità artistica di Venezia si appoggia interamente sulle loro spalle, mentre noi ci prodighiamo per proteggere gli artigiani, fare in modo che possano continuare a lavorare e creare, dando loro visibilità affinché vengano valorizzate le loro competenze e i meravigliosi oggetti che realizzano, frutto della loro dedizione, passione e amore. Senza la variopinta molteplicità dei suoi artigiani, Venezia finirebbe per essere il fantasma di se stessa. È quindi assolutamente imprescindibile proteggere i custodi del patrimonio culturale di Venezia – i tesori viventi della città – l’incarnazione stessa dell’eredità artistica della Serenissima.
E sull’acqua si trova anche la nuova sede della Michelangelo Foundation, alle “Arcades des Arts”, sul Pont de la Machine, a Ginevra. Da qui continua il nostro impegno quotidiano per fare sì che gli artigiani siano sempre al centro delle nostre attività, per dare loro una voce e una piattaforma che consenta loro non solo di sopravvivere, ma anche di prosperare e, così facendo, trasmettere le loro tecniche antiche alle nuove generazioni. La nuova sede nel cuore di Ginevra rappresenta quindi l’inizio di una nuova era. Spero che questo spazio possa diventare un punto di riferimento per i mestieri d’arte, capace di illuminare non solo la sfera materiale ma anche quella intellettuale. Un luogo dove i visitatori possano immergersi in un mondo di eccellenza, dove la tradizione incontra l’innovazione e dove la creatività si sposa con l’artigianalità. È qui, in queste confluenze, che emerge la vera maestria: la nostra missione è proprio quella di promuovere e perpetrare tutte le forme del più alto artigianato, rafforzandone i legami con il mondo del design per assicurarne la sostenibilità. In sintesi, le “Arcades des Arts” intendono onorare la bellezza dell’eccellenza artigiana e la conoscenza che la guida.
La trasmissione del sapere da un maestro a un giovane artigiano è un atto tipicamente umano, ma evoca al contempo l’immagine celestiale dipinta da Michelangelo sul soffitto della Cappella Sistina: la mano di Dio che si protende verso quella di Adamo, donandogli con questo gesto la vita. Quando penso a come garantire un futuro ai mestieri d’arte mi immagino una scintilla d’energia che, in modo analogo, possa passare dalle mani dei maestri di oggi a quelle delle generazioni future. Una necessità impellente, in un’epoca dove la tecnologia spesso si sostituisce al gesto umano.
Intraprendere una carriera nei mestieri d’arte significa seguire una grande vocazione. Trascorrere la propria vita lavorativa creando oggetti non solo bellissimi ma anche utili rappresenta, senza dubbio alcuno, il tocco divino. Significa lavorare duramente, ma in modo denso di significato: un atto che ci ricollega a tradizioni secolari e che riflette le nostre culture e i nostri valori. C’è inoltre un’importante valenza economica: i maestri d’arte costituiscono il cuore delle nostre industrie – dall’arredamento alla moda – e spesso creano le opere più innovative e apprezzate. E sono sempre i maestri d’arte che, attingendo alle loro conoscenze dei materiali e delle tecniche, danno forma non solo alle proprie visioni artistiche, ma anche a quelle dei migliori designer del mondo.
Assistiamo poi a un crescente interesse verso tutto ciò che è fatto a mano, forse come reazione alla costante digitalizzazione e alla grande rapidità che caratterizza le nostre vite nel XXI secolo. In Europa molte scuole d’arte e di design offrono percorsi innovativi ad aspiranti artigiani-artisti, abbinando corsi pratici in bottega a lezioni di storia, teoria e design. Dobbiamo fare in modo che queste opportunità possano crescere. Un impegno che la Michelangelo Foundation persegue accogliendo nel proprio network le migliori istituzioni scolastiche del continente, e presentando i loro diplomati attraverso i propri programmi.
Nel corso dell’estate appena trascorsa abbiamo potuto assistere a una meravigliosa convergenza nelle Summer Schools della Michelangelo Foundation: aspiranti artigiani e designer hanno avuto l’opportunità di lavorare fianco a fianco con maestri d’arte in diversi atelier d’Europa mentre questi illustravano loro l’arte di soffiare il vetro o le intricate tecniche della cesteria e dell’arazzo.
Un’altra opportunità per entrare in contatto con i maestri d’arte e lasciarsi ispirare da loro è il nostro programma degli Young Ambassadors, che prevede la partecipazione di decine di studenti provenienti da tutte le migliori istituzioni scolastiche europee a Homo Faber, la grande iniziativa dedicata ai mestieri d’arte che si svolge ogni due anni a Venezia. Mi rincuora vedere questi giovani che, partecipando al programma, acquisiscono una maggiore comprensione di ciò che è possibile, e imparano che il valore dell’apprendimento diretto con i maestri è senza pari.
Spesso la trasmissione del sapere da maestro ad alunno avviene in modo meno formale, nell’intimità di un atelier o di una bottega. Nel corso di questi apprendistati, un giovane artigiano trascorre molte ore al fianco di un maestro e impara facendo, gesto dopo gesto. Un processo di apprendimento collaudato, che merita il nostro supporto. Pensiamo ad esempio ai Compagnons du Devoir, una tradizione di apprendistato che in Francia risale addirittura al medioevo. Nel corso di svariati anni gli apprendisti si spostano di comunità in comunità per imparare dai maestri d’arte. Alla fine della loro formazione, i Compagnons si impegnano a trasmettere le loro conoscenze alle nuove generazioni.
Il cammino del sapere è lungo, e se vogliamo sostenere questo percorso dobbiamo acquisire una maggiore consapevolezza di ciò che rende tale un maestro. Un ottimo spunto di partenza ce lo offre lo stesso Michelangelo. In un poema da lui vergato più di 500 anni fa ci suggerisce che l’artigiano-artista deve sapere usare “sia la mente sia la mano”:
Se ben concetto ha la divina parte
il volto e gli atti d’alcun, po’ di quello
doppio valor con breve e vil modello
dà vita a’ sassi, e non è forza d’arte.
Come suggerisce lo stesso Michelangelo, affinché possa creare, l’artigiano-artista deve imbarcarsi in un viaggio assai complesso. Per nostra fortuna, il percorso è segnato da indicazioni molto chiare, che possono aiutarci a preparare il cammino. Nel 2017 la Michelangelo Foundation ha pubblicato l’edizione inglese del volume Il valore del mestiere, che indaga i principi dell’eccellenza artigiana. Sotto la guida di Alberto Cavalli, la ricerca ha individuato le undici parole-chiave che definiscono un maestro artigiano, che vanno dalla competenza all’autenticità, dall’originalità all’interpretazione. I risultati della ricerca sono stati avallati e arricchiti dai contributi di maestri d’arte che operano in diverse discipline. Qui mi voglio soffermare su due criteri in particolare, perché si riferiscono direttamente alla trasmissione del sapere da una generazione di maestri all’altra.
Il primo si riferisce alla formazione, all’arte dell’insegnamento, che è alla base di ogni futuro artigiano. Oltre a riconoscere il potenziale di un aspirante artigiano, un maestro è anche in grado di sviluppare il suo talento e alimentare le sue conoscenze. Per padroneggiare questa idea di eccellenza è necessario possedere non solo un’approfondita conoscenza della propria disciplina, degli strumenti e delle tecniche, ma anche coltivare con maturità la collaborazione e il lavoro di squadra, oltre a essere aperti e disponibili a continuare ad apprendere, sia da parte del maestro sia dell’alunno.
L’altro aspetto dell’eccellenza legato alla trasmissione del sapere è la tradizione. Non si tratta di preservare il passato immutato, ma di creare un futuro pieno di possibilità, infondendo nuova vita a una preziosa tradizione. Si tratta di aiutare gli studenti a vedere e percepire la bellezza e cogliere l’opportunità di impiegare in modo innovativo i migliori materiali insieme a tecniche secolari. Si tratta di rinnovare il sapere mentre i nuovi talenti raccolgono questa eredità con grande perizia.
Bibliografia
Cavalli A. con Comerci G. e Marchello G. Il valore del mestiere: Elementi per una valutazione dell’eccellenza artigiana., Marsilio Editori S.p.A., Venezia, 2014
Cologni F. “La regola e la passione del sapere”, Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte e Fondazione Deutsche Bank Italia in La regola del talento: Mestieri d’arte e Scuole italiane di eccellenza. Marsilio Editori S.p.A., Venezia, 2014.
Michelangelo Buonarroti, Rime, a cura di Enzo Noe Girardi, Laterza, Bari, 1967
Ma che bella giornata…
Questo è il mio benvenuto.
In italiano usiamo “bello” per dire tante cose: e io uso questo aggettivo, oggi, per invitarvi a godere di questa giornata “bella” su un’isola magica. Il mondo presenta tante difficoltà, ma noi oggi vogliamo raccontare una storia bella: bella soprattutto perché vera, e tangibile.
Dal Palladio in avanti, qui tutti i più grandi artisti e artigiani hanno lasciato testimonianze uniche.
Qui oggi scopriamo spazi e ambienti creati da grandi esperti, in cui vengono presentate le opere inedite di centinaia di maestri d’arte dei nostri giorni, provenienti da decine di Paesi.
Qui oggi inauguriamo Homo Faber, riscoprendo questo fil rouge di creatività e di mestiere che ha attraversato i secoli per arrivare fino a noi.
Homo Faber non è una semplice esposizione che ripete altre esperienze del settore.
Non è un avvenimento per feste e fasti.
Non ha scopo commerciale.
Non è marketing o pubblicità.
Homo Faber è un investimento culturale dedicato alla bellezza, a una bellezza non effimera ma durevole.
Homo Faber è la narrazione di un’umanità che guarda al futuro con ottimismo, perché il talento, che si trova in tutti i Paesi, ci permette di trasformare l’idea di oggi nella bellezza di domani; e Homo Faber è il racconto non di uno, ma di tanti talenti.
Homo Faber è un tassello nella storia dell’umanità, che offre la visione di un patrimonio tutto contemporaneo di testimonianze materiali, di opere e di storie: la storia dell’uomo è fatta di oggetti, ma anche di idee e di passioni.
In un momento difficile per il mondo, qui, in quest’isola, si parla solo di bellezza e di talento, di tutto quello che le mani dell’uomo sanno fare sempre meglio di qualunque macchina: parliamo di mani, cuori e menti che vivono con la passione del fare, e del fare bene.
Nel nome stesso, Homo Faber c’è tutto il programma: l’uomo artefice del proprio destino, grazie al suo talento e alla sua passione. Perché qui non si parla dell’homo homini lupus, ma appunto dell’homo faber: non dell’uomo che è nemico di tutti, ma dell’uomo che con il suo talento plasma un destino migliore per sé e per gli altri, lasciando la firma sui suoi manufatti.
L’alto artigianato è un patrimonio non di un singolo Paese, ma dell’umanità. E Homo Faber nasce come una mostra internazionale: questa edizione è dedicata all’Europa, a tutta l’Europa – dalle Azorre alla Russia, e dall’Islanda alla Sicilia. La prossima, come Johann Rupert ha anticipato, si aprirà agli artigiani del mondo.
Homo Faber è dunque l’inizio di un percorso che si articolerà intorno a due punti:
1. Un network sempre più internazionale e articolato. Perché dallo scambio di idee ed esperienze nasce quel movimento culturale che porterà a una valorizzazione più efficace del mestiere d’arte e della creatività. Oggi il mondo non è più quello del Grand Tour dell’Ottocento, dove si andava a “chiner” e si scoprivano talenti; oggi i ttalenti devono circolare, muoversi, essere scoperti per essere valorizzati. E quindi, apprezzati e remunerati.
2. La volontà di mettere “in rete” i maestri d’arte in rete, offrendo loro opportunità di visibilità, di promozione e quindi anche di trasmissione del loro saper fare. È necessario formare una generazione di giovani (meno dottori e più lavoratori) che sappiano parlare la lingua del mondo che cambia.
Il nemico di questo mondo, che abbiamo definito “bello”, non sono la tecnologia e la velocità, ma l’ignoranza e l’omologazione.
Questo è il nemico che vogliamo affrontare e vincere, come fa San Giorgio qui sul campanile, che uccide il drago.
Quest’isola non è quella del giorno prima, ma quella del giorno dopo – parafrasando Umberto Eco: quella di domani. Quella di un futuro più umano.
Qui troverete varietà, pensieri, impegno e fatica: ovvero i “ferri del mestiere” di ogni artista e maestro d’arte.
Non avevo forse ragione nell’iniziare dicendo che questa è una “bella giornata”? E finisco con lo stesso ritornello, come se questo fosse un preambolo, un’ouverture, e il meglio di quest’opera debba ancora svelarsi.
Grazie a tutti.
Ma che bella giornata…
Questo è il mio benvenuto.
In italiano usiamo “bello” per dire tante cose: e io uso questo aggettivo, oggi, per invitarvi a godere di questa giornata “bella” su un’isola magica. Il mondo presenta tante difficoltà, ma noi oggi vogliamo raccontare una storia bella: bella soprattutto perché vera, e tangibile.
Dal Palladio in avanti, qui tutti i più grandi artisti e artigiani hanno lasciato testimonianze uniche.
Qui oggi scopriamo spazi e ambienti creati da grandi esperti, in cui vengono presentate le opere inedite di centinaia di maestri d’arte dei nostri giorni, provenienti da decine di Paesi.
Qui oggi inauguriamo Homo Faber, riscoprendo questo fil rouge di creatività e di mestiere che ha attraversato i secoli per arrivare fino a noi.
Homo Faber non è una semplice esposizione che ripete altre esperienze del settore.
Non è un avvenimento per feste e fasti.
Non ha scopo commerciale.
Non è marketing o pubblicità.
Homo Faber è un investimento culturale dedicato alla bellezza, a una bellezza non effimera ma durevole.
Homo Faber è la narrazione di un’umanità che guarda al futuro con ottimismo, perché il talento, che si trova in tutti i Paesi, ci permette di trasformare l’idea di oggi nella bellezza di domani; e Homo Faber è il racconto non di uno, ma di tanti talenti.
Homo Faber è un tassello nella storia dell’umanità, che offre la visione di un patrimonio tutto contemporaneo di testimonianze materiali, di opere e di storie: la storia dell’uomo è fatta di oggetti, ma anche di idee e di passioni.
In un momento difficile per il mondo, qui, in quest’isola, si parla solo di bellezza e di talento, di tutto quello che le mani dell’uomo sanno fare sempre meglio di qualunque macchina: parliamo di mani, cuori e menti che vivono con la passione del fare, e del fare bene.
Nel nome stesso, Homo Faber c’è tutto il programma: l’uomo artefice del proprio destino, grazie al suo talento e alla sua passione. Perché qui non si parla dell’homo homini lupus, ma appunto dell’homo faber: non dell’uomo che è nemico di tutti, ma dell’uomo che con il suo talento plasma un destino migliore per sé e per gli altri, lasciando la firma sui suoi manufatti.
L’alto artigianato è un patrimonio non di un singolo Paese, ma dell’umanità. E Homo Faber nasce come una mostra internazionale: questa edizione è dedicata all’Europa, a tutta l’Europa – dalle Azorre alla Russia, e dall’Islanda alla Sicilia. La prossima, come Johann Rupert ha anticipato, si aprirà agli artigiani del mondo.
Homo Faber è dunque l’inizio di un percorso che si articolerà intorno a due punti:
1. Un network sempre più internazionale e articolato. Perché dallo scambio di idee ed esperienze nasce quel movimento culturale che porterà a una valorizzazione più efficace del mestiere d’arte e della creatività. Oggi il mondo non è più quello del Grand Tour dell’Ottocento, dove si andava a “chiner” e si scoprivano talenti; oggi i ttalenti devono circolare, muoversi, essere scoperti per essere valorizzati. E quindi, apprezzati e remunerati.
2. La volontà di mettere “in rete” i maestri d’arte in rete, offrendo loro opportunità di visibilità, di promozione e quindi anche di trasmissione del loro saper fare. È necessario formare una generazione di giovani (meno dottori e più lavoratori) che sappiano parlare la lingua del mondo che cambia.
Il nemico di questo mondo, che abbiamo definito “bello”, non sono la tecnologia e la velocità, ma l’ignoranza e l’omologazione.
Questo è il nemico che vogliamo affrontare e vincere, come fa San Giorgio qui sul campanile, che uccide il drago.
Quest’isola non è quella del giorno prima, ma quella del giorno dopo – parafrasando Umberto Eco: quella di domani. Quella di un futuro più umano.
Qui troverete varietà, pensieri, impegno e fatica: ovvero i “ferri del mestiere” di ogni artista e maestro d’arte.
Non avevo forse ragione nell’iniziare dicendo che questa è una “bella giornata”? E finisco con lo stesso ritornello, come se questo fosse un preambolo, un’ouverture, e il meglio di quest’opera debba ancora svelarsi.
Grazie a tutti.
I mestieri d’arte richiedono tempo. Non si diventa maestri senza aver passato ore, giorni, anni ad affinare il gesto e a migliorarsi costantemente. Homo Faber vuole essere una celebrazione dei tempi lenti, solenni e affascinanti dei mestieri d’arte: un messaggio forse in controtendenza rispetto alla velocità supersonica della tecnologia, ma proprio per questo tanto più poetico e umano.
Se si legge il Romeo e Giulietta di Shakespeare, ci si accorge che i giovani hanno una gran fretta. Tebaldo ha fretta di cacciare Romeo da casa Capuleti, Giulietta ha fretta di sposarsi, Romeo ha fretta di rubare un bacio a Giulietta e poi di iniziare la sua vita con lei... gli anziani invece sono lenti: la Balia tira per le lunghe i racconti, frate Lorenzo non vede come una sciagura il bando di Romeo da Verona perché sa che c’è tempo per tutto.
I mestieri d’arte sono un invito costante a riflettere sul tempo “necessario”: il tempo necessario per creare, per realizzare e anche il tempo per godere di questi oggetti meravigliosi. Da giovani si ha fretta di tutto: anche di diventare maestri. Si ha fretta di afferrare i sogni e di renderli reali. La vita è tutta da costruire e il tempo per farlo non basta mai.
Mentre i maestri d’arte insegnano che occorre imparare a permettersi ritmi più rispettosi: perché non si può fare altrimenti, se si vuole ottenere l’eccellenza.
Se si vuole ottenere il grande privilegio di invecchiare come invecchiano gli oggetti realizzati dai grandi maestri d’arte: con lentezza, e con grazia.
Qualche anno fa mi è stato chiesto di tenere il discorso di apertura al Business of Luxury Summit del Financial Times, nel Principato di Monaco. Ho riflettuto a lungo sul messaggio che ritenevo necessario comunicare, e il pubblico è rimasto di certo stupito nello scoprire che il soggetto del mio discorso non fosse l’e-commerce. Il tema «commercio online contro commercio tradizionale» non era all’ordine del giorno, perché oscurato da un argomento di gran lunga più importante e di portata più ampia: l’avvento dell’intelligenza artificiale (IA) nella seconda era delle macchine e il suo impatto sul futuro del nostro mondo.
C’è chi assicura che l’intelligenza artificiale non rappresenti una minaccia per la società. Ma se la tecnologia è in grado di sostituirci in tutto, dal farci il conto al supermercato al portarci in giro in auto, dall’analizzare le lastre a diagnosticare le malattie, mi sembra quantomeno irresponsabile non considerare un punto di vista alternativo. Anche se alla fine avranno ragione gli ottimisti – e questo ce lo auguriamo di certo tutti – è ragionevole tentare almeno di valutare quale minaccia può rappresentare l’IA, specialmente in relazione alla disoccupazione, e dunque chiederci: cosa sa fare l’uomo meglio di qualsiasi macchina?
Nel corso dei secoli, i maestri artigiani di tutta Europa hanno dovuto lavorare sodo per realizzare le loro straordinarie opere: edifici ornati da impareggiabili decorazioni in pietra; legno scolpito nelle forme più eleganti; vestiti e oggetti in pelle che continuiamo a usare per anni, tanto da considerarli come vecchi amici; porcellane, vetri e ceramiche che custodiscono la tradizione e riflettono il loro territorio di origine. La risposta alla domanda su ciò che l’uomo sa fare meglio di qualsiasi macchina la troviamo proprio nel panorama poliedrico e ricco di talenti dei maestri artigiani che rappresentano il patrimonio del nostro continente, e di cui Homo Faber ci presenta solo una piccola selezione. Parlo degli uomini e delle donne che hanno dato il loro contributo a questo evento unico e che rappresentano un’alternativa, rinfrescante e di grande ispirazione, ai robot e a un mondo senza lavoro. Questi artigiani sono anche un faro per le nuove generazioni, qui presenti nel ruolo degli «Young Ambassadors», i Giovani Ambasciatori di Homo Faber.
Ritengo opportuno che questo punto di vista alternativo, così ricolmo di grazia e intelligenza, venga presentato a Venezia, punto d’incontro di culture e baluardo della bellezza.
I senatori dell’antica Roma erano soliti portare una toga molto semplice, pur se preziosa, con una linea rossa vicino ai bordi: un segno non troppo appariscente, eppure sufficiente a identificare i Senatori come gli “eletti”, coloro che stanno su un altro piano. Questa idea che la distinzione e la differenza siano spesso questione di sottili confini, labili linee, crinali stretti è legata a un concetto di eleganza e di bellezza che non hanno nulla a che vedere con l’ostentazione: si tratta piuttosto di un approccio culturale ed estetico evoluto, che a concetti come quello di “bello” associa le idee di originalità, distinzione, elezione, anche rarità.
Lungo questa stessa sottile linea si colloca spesso la distinzione tra arte e artigianato. E tutti gli oggetti esposti a “Homo Faber: Crafting a more human future” interrogano il visitatore in merito alla loro appartenenza all’uno o all’altro campo: tra arti decorative e arti applicate, tra una libera espressione creativa e una saggia riflessione sulle potenzialità della materia, questi manufatti fanno sentire la loro voce potente e rivelano le mani, i gesti, le menti che li hanno plasmati.
Il crinale è sottile, certo: ma esistente. Il visitatore è chiamato a interrogarsi, ma non a confondersi: a Homo Faber saranno presenti alcuni tra i più grandi artigiani d’Europa, che si definiscono appunto “artigiani” (non artisti) e che associano alle loro opere una funzione decorativa o funzionale, oltre che simbolica o estetica.
Promuovere e proteggere il lavoro di questi artefici di meraviglie, spesso difficili da trovare perché poco avvezzi alla comunicazione di massa, è la finalità di Homo Faber. Come il curatore Jean Blanchaert ha ricordato, possiamo visualizzare l’immagine di un aereo che sta per inabissarsi, ma che grazie a un abile e coraggioso movimento del pilota, che riprende il controllo della cloche, poi riesce di nuovo a volare: ecco, questo è quanto Homo Faber si propone di fare. Riportare di nuovo “in alto” i mestieri d’arte, contribuendo a salvarli dal rischio di scomparsa che a volta sembra farsi avvertibile.
I visitatori sono chiamati a essere i protagonisti di questa “manovra”: sono infatti loro, e non noi, a dover e poter invertire la rotta. Sentendosi non solo ammirati per la bellezza dei gesti e degli oggetti, ma anche parte di un movimento culturale importante: come la sottile linea rossa dei Senatori romani, così la linea che divide l’eccellente dal quotidiano diventa un segno di distinzione che segna una nuova appartenenza. Quella al gruppo di chi crede che ci sarà sempre qualcosa che le mani dell’uomo sapranno fare meglio di qualunque macchinario.
Se dovessimo trovare una parola in grado di esprimere l’essenza del giovane secolo nel quale stiamo vivendo, quella parola sarebbe molto probabilmente «esponenziale». La rapidità con la quale si accumulano oggi enormi ricchezze non ha precedenti nella nostra storia più recente. Di pari passo abbiamo assistito alla crescita del business del lusso. Una crescita che si è tradotta in un grande privilegio per tutti quelli che, come noi, operano in questo settore.
D’altra parte, la stessa crescita esponenziale ci ha costretti a rinunciare a qualche cosa. Nel caso del lusso, abbiamo dovuto rinunciare al piacere della scoperta. Se ci troviamo a passeggiare in Bond Street a Londra, in via Montenapoleone a Milano, sulla Ginza a Tokyo o nella Fifth Avenue a New York, troviamo invariabilmente gli stessi bellissimi negozi e gli stessi bellissimi prodotti. Perché, oggi, i piccoli creatori di prodotti unici, la cui bellezza dura nel tempo, non possono più permettersi una vetrina in questi quartieri esclusivi.
A mio avviso, è questa la conseguenza più grave: la perdita dei valori che i creatori indipendenti rappresentano ed esprimono. Valori che sono una combinazione unica di cultura, tradizione, eccellenza, maestria, creatività e – cosa molto importante – di quello speciale rapporto che s’instaura tra chi crea un oggetto e chi lo possiede. Valori che non possono prescindere da un’estrema conoscenza sia delle tecniche sia dei materiali. Una competenza che, a sua volta, richiede anni di dedizione per essere acquisita, coltivata e trasmessa.
Homo Faber vuole essere una celebrazione di questi valori. È un modo per sostenerli, onorarli e rafforzarli, e per incoraggiare tutte le persone che a questi valori dedicano il loro impegno. La nostra società è spesso poco informata nei confronti della maestria artigiana, e in alcuni casi possiamo persino notare una considerazione piuttosto negativa. Veneriamo le star dello spettacolo e gli eroi dello sport, mentre chi è in grado di trasformare una materia grezza in un prodotto non solo stupendo ma anche utile è per lo più ignorato. L’obiettivo di Homo Faber è di modificare profondamente questa concezione e, nel farlo, di porre le basi – insieme a chiunque comprenda e condivida il nostro punto di vista – per costruire un futuro più umano.
Homo Faber: Crafting a more human future sarà un’inedita celebrazione della bellezza autentica, originale e unica che le creazioni dei maestri artigiani sanno rappresentare al meglio. La mostra sarà quindi un’occasione anche per riflettere sulle diverse caratteristiche che abitualmente consideriamo necessarie per definire la bellezza.
Ci sono infatti caratteristiche che una certa cultura, o per meglio dire dis-cultura, associa a un’idea di bellezza che sembra decisamente fasulla ed effimera: la fama e il successo, per esempio, sembrano già essere sufficienti ad assegnare fascino e interesse a persone che in realtà, a ben guardare, non hanno altro merito che quello di essere popolari. Anche essere “alla moda” viene spesso considerata una caratteristica già di per se stessa bastante a conferire un’aura di bellezza: considerazione profondamente sbagliata, che porta a confondere omologazione con gusto, e banalità con identità.
Altri elementi sembrano invece essere stati eclissati, o comunque oscurati. Penso a parole come grazia, intelligenza o eleganza. Eppure la grazia è essa stessa fonte di bellezza: il fertile dialogo che si instaura fra creatività e saper fare, tra design e alto artigianato rispecchia perfettamente questa necessità di realizzare oggetti “aggraziati”, ovvero ricchi di raffinatezza e di senso, gentili nel loro evocare un’emozione autentica e forti nella profondità del loro significato.
La stessa considerazione potremmo farla per il termine “eleganza”, che è sempre e solo un tratto tipico delle persone. L’eleganza è riscontrabile su di sé e intorno a sé, grazie alla scelta di oggetti di fattura squisita, che parlino di noi e di chi li ha creati. La grazia nei movimenti, la naturalezza modesta e contenuta, la postura, la mancanza di affettazione, l’equilibrio, il giusto tono: tutte queste caratteristiche sono legate al concetto di eleganza, ma sono anche (come è facile capire) intimamente connesse a quella bellezza personale che fa la differenza.
Ripensare a termini come grazia ed eleganza nella definizione di un oggetto fatto a mano, su misura e con passione ci aiuta quindi a prendere le distanze da una volgarizzazione sempre più palese del concetto di “bello”. Ci aiuta anzi a ritrovare, con un po’ di attenzione e curiosità, il valore di un manufatto non solo meravigliosamente plasmato, ma anche nato da un’eleganza spontanea e umanamente toccante: quella dei veri maestri e dei più grandi creativi, che stiamo selezionando per Homo Faber.
Un dialogo di menti illuminate, che ci fa sentire sempre come interlocutori intelligenti e – si spera – graditi.
La finalità della Michelangelo Foundation for Creativity and Craftsmanship è quella di rilanciare su scala (per ora) europea e poi mondiale il prezioso patrimonio costituito dalla creatività e dall’alto artigianato.
Voluta dall’illuminato imprenditore sudafricano Johann Rupert, e da lui fondata insieme a me a Ginevra (città internazionale per eccellenza), la Michelangelo Foundation for Creativity and Craftsmanship si è rapidamente strutturata come l’anello di congiunzione che mancava tra le associazioni, istituzioni, fondazioni e altre realtà culturali che, nei diversi Paesi europei, operano a vario livello per promuovere i mestieri d’arte.
La scelta stessa del nome, Michelangelo, è emblematica: supremo maestro “italiano” vissuto in un momento in cui l’Italia era solo una nozione culturale, sommo artista, artigiano sapiente, il “Divino” è l’emblema eloquente dello splendore cui può giungere il talento, quando si verifichi il fortunato incontro con l’arte, la tecnica e naturalmente il cliente, o il committente.
Promuovere, proteggere, perpetuare i mestieri d’arte, per la Michelangelo Foundation, significa anche agire per garantire adeguata occupazione ai talenti del futuro, al contempo assicurando alle nuove élite l’accesso ai meravigliosi oggetti che danno valore alle nostre scelte.
Espressione del territorio, della storia e dell’evoluzione dei tempi, le attività di alto artigianato possono costituire un importante veicolo di cultura e di lavoro: in un momento dove la tecnologia sembra soppiantare ovunque la mano dell’uomo, la Foundation lavora per valorizzare quanto il talento, la pratica, la creatività riescono a realizzare in maniera eccellente, salvando così l’alta manifattura dal rischio di omologazione che la digitalizzazione spesso comporta.
Proprio per questo la Michelangelo Foundation sta portando avanti alcuni progetti originali che uniscono, come in un’ideale rotta creativa, diverse iniziative.
Il networking: unire e far conoscere le diverse realtà e le diverse attività, per creare sinergie efficaci. Ma anche la definizione di un linguaggio comune per parlare di mestieri d’arte e definire l’eccellenza: a tal fine è stata pubblicata la ricerca “The Master’s Touch. Essential elements of artisanal excellence”, già presentata a Londra e Parigi. La valorizzazione del rapporto tra design e artigianato, grazie al sostegno di progetti quali Doppia Firma (www.doppiafirma.com). E la divulgazione del saper fare dei grandi artigiani d’Europa, attraverso eventi che lascino il segno: come Homo Faber, un’inedita celebrazione del saper fare di più alto livello che avrà luogo a Venezia nel mese di Settembre.
Il nuovo Michelangelo chiede di poter essere libero di creare le forme della bellezza di domani: e la Fondazione che porta il suo nome opera, lavora e crea proprio per permettere a ogni Michelangelo, animato dal tormento ma anche dall’estasi, di rendere migliore la nostra vita grazie al suo talento.
Quando mi soffermo a pensare al significato di A Well Crafted Life (Una Vita Ben Plasmata), mi vengono alla mente una miriade di elementi che devono necessariamente coesistere in armonia.
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